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Di Cristina Melazzi

ilnovecento1La storia di una comunità non è fatta solo di documenti ufficiali, ilnovecento2ma anche del tessuto di conoscenze, comportamenti, valori, aspetti della vita quotidiana
materiale ed affettiva, vissuto dalla cosiddetta gente comune.

Gli ultimi 50 anni hanno segnato un profondo mutamento nei modi di vivere e lavorare anche nella realtà di Monte Marenzo, dove il primato dell'agricoltura lascerà il posto ad altre attività (soprattutto di tipo artigianale e industriale) e le comunicazioni con il territorio circostante ne allargheranno i confini,
trasformandone a poco a poco il quadro sociale.

Chi ha vissuto il "prima" e il "dopo" di questo grande cambiamento e ne è stato testimone diretto, può oggi, ancora per poco, offrire a noi il prezioso racconto della propria memoria: e gettare una luce su un passato recente, ma simile per tanti aspetti ad un passato anche più lontano, che possiamo così vedere quasi da vicino, e trarne forse qualche indicazione per il futuro.

Non sono poche le persone che abbiamo ascoltato (i loro nomi sono elencati nel libro alle pagg. 18/19 e richiamati nelle citazioni) o che hanno fornito fotografie, oggetti, documenti, o si sono prestate a ricostruire manufatti tradizionali.

Così nascono le Schede sulla Memoria che corredano il libro.
Le testimonianze che ne stanno alla base sono state raccolte (registandole su nastro magnetico) tutte a Monte Marenzo in periodi diversi compresi tra il 1979 e il 1999.

Ecco i titoli delle schede:

  • Le strade a piedi: le donne, la filanda, il canto le stelle e altro ancora.
  • I nomi dei sentieri secondo la tradizione orale.
  • Mappa dei toponimi.
  • Il bosco: economia, lavoro, regole.
  • La palude come risorsa: raccolta, pesca e caccia nella zona dell'Adda.
  • Una grande festa in paese: 5 ottobre, la Madonna del Rosario.
  • La stòria dèl bucì: una favola in dialetto raccolta a Monte Marenzo.
  • "La casciàda": un racconto dalle origini lontane tra paura e magia.
  • La bachicoltura domestica: un impegno per tutta la famiglia contadina.
  • La filanda: una testimonianza esemplare.
  • Rogazioni e "starelà": rituali propiziatori per la campagna.

 

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Le Sequenze fotografiche proseguono per immagini il racconto della memoria.ilnovecento4 In particolare documentano le fasi costruttive di due manufatti di tradizione contadina: La scopa di saggina (scua de mèlga) e la baitella in canne di palude (baèta).

L'attenzione verso queste testimonianze, l'impegno che ci siamo dati ad essere precisi nel registrare questa memoria, il tentativo di riordinarla per temi, di riferirla ad un determinato contesto storico sociale, di suggerire interpretazioni e confronti anche con altre fonti o studi: tutto questo può dare valore di "documento", di fonte storica, ad una foto di famiglia, ad una fiaba o un racconto di vita, ad una filastrocca tradizionale,
ad un particolare procedimento di lavoro. Un documento locale, che acquista più senso se inserito in un quadro più ampio. Una tessera che si aggiunge a quel "mosaico etnografico" che in questi anni si va componendo anche per il territorio lecchese.

Il mosaico però è ancora più grande e ci porta ben al di là dei confini di un territorio, di una regione. Raccogliere e documentare le particolarità locali di una cultura, ha infatti senso solo e proprio per aprire il confronto, per dilatare i limiti della piccola storia di paese, ampliarne la prospettiva ed anche il valore.
Per trovare, nelle tante diversità, le somiglianze, a volte sorprendenti (la baèta di Monte Marenzo potrebbe ricordare una capanna africana o celtica...) con altre culture, di luoghi e di tempi magari molto lontani.

Per rintracciare insomma il fondo comune e universale: quello della più grande storia dello stare al mondo dell'uomo. La presenza oggi, anche nel nostro comune, di abitanti provenienti da parti diverse del mondo, può offrire un'occasione in più di conoscenza e confronto.

Cristina Melazzi