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chiesaparrocchiale    LA  CHIESA PARROCCHIALE DI SAN PAOLO

Appartenente anticamente alla pieve di Brivio, la chiesa è ricordata in un atto del 1187; era provvista di cappellania nel 1398 divenuta in seguito parrocchiale insieme con S. Michele di Torre de' Busi. Nel 1435 ebbe titolo a sé e nel 1452 ne fu staccato San Gregorio. Venne allora ricostruita e consacrata nel 1494: aveva conformazione a capanna con arconi traversi, soffittatura e diversi altari. Il campanile a sud pare corrispondere all'attuale, poi sopralzato. Resti della vecchia chiesa si vedono verso oriente, inglobati nella ricostruzione dell'intero vano (avviata prima del 1776 su disegno di Romano Terzi di Ponte San Pietro), nelle forme del tardo barocchetto: due campatelle raccordate allo spazio della tazza centrale, presbiterio coperto da tazza ovoidale e coro semicircolare. Numerosi lavori dovevano proseguire e la data 1816 compare sul grazioso portico laterale; lesene, capitelli e cornici sembrano di gusto ottocentesco e al 1830 appartiene l'altar maggiore disegnato da Antonio Finazzi; il paliotto a medaglia marmorea è di Francesco Monti. Caratteristica della chiesa risulta la facciata dal coronamento mistilineo a vento e dal portico a serliana, dove si apre il portale rifatto nel 1850. Gli sfondi laterali hanno l'altare con la Statua della Madonna del Rosario scolpita da Luigi Carrara nel 1880 in sostituzione della bella Pala dell'Addolorata collocata nell'oratorietto corrispondente al vano della cosiddetta "Cappella dei morti", la quale ha resti di decorazione esterna settecentesca. L'altare di San Carlo e del Crocifisso contiene un'altra pala del Settecento che mostra anche San Gerolamo con gli orfani. Di notevole interesse un quadro centinato di pieno Cinquecento con la Vergine, il Bambino e San Giovannino, mentre a Enea Salmeggia, detto il Talpino, si assegna la Tela del Rosario con i santi Bernardo, Domenico, Pietro martire e Margherita composti intorno a un piacevole brano di paesaggio; ricordando la data 1616 presente sulla sacrestia e l'esistenza di una cappella alla Vergine e Pietro martire datata nel 1596 dai Ginammi, la tela doveva essere la competente pala e risalire a quel tempo. La controfacciata reca fra stucchi una tela con l'Adorazione dei Magi, di impronta bassanesca, ma già data a Federico Ferrario, che invece compose i dipinti delle tazze, cioè la Predicazione di Paolo in Atene e la Gloria del patrono: questi e altri dipinti, peraltro molto danneggiati da infiltrazioni, vennero nel 1925 ampiamente rinnovati da Romeo Bonomelli. Le interessanti scene ai lati del presbiterio, Conversione e Martirio di Paolo, sono articolate e patetiche tele di Francesco Capella, del 1774-76 circa; resti dell'arredo del tempo anche due confessionali intagliati.
Altri lavori lignei risultano di maestri locali, in particolare gli stalli del coro di Pietro Fontana del 1909 e la cantoria per l'organo Bossi del 1816, lavorata da Emesto Fontana nel 1921; il curioso piccolo pulpito fu scolpito finemente nel 1927 da Alessandro Gritti. Di Vittorio Mannini i singolari quadretti ricurvi posti sotto due statue di Sant'Antonio e San Paolo, forse antiche. Nel campanile si trova il Concerto delle cinque campane in Re, la cui prima fusione risale al 1894, vennero rifuse, dopo la donazione bellica, nel 1951. L'armonica costruzione è conclusa posteriomente da un corpo di interpretazione classica eretto per sacrestia e sepolcro nel 1911. La piazza dominante il paese con vecchi cipressi segna il camposanto di un tempo con la colonna settecentesca di arenaria su basamento lavorato.

chiesasantalessandroLA CHIESETTA DI SANT'ALESSANDRO

Si credeva nel secolo passato che questa chiesetta fosse la più antica parrocchiale. La Parrocchia invece, almeno dalla metà del duecento, era posta in S.Paolo; però è probabile che questa di S.Alessandro fosse la prima delle fondazioni religiose del paese: ed è senz'altro molto antica, perché nel 1135 già esisteva in mezzo a campi di proprietà sia del monastero di Pontida, sia dei nobili di Villa d'Adda. La chiesa è dedicata, contrariamente a quanto si crede, non a S. Alessandro martire patrono di Bergamo, ma a Sant'Alessandro I papa e martire, romano, che nel 105 divenne il quinto successore di Pietro. Morì nel 115 e la tradizione lo vuole martire. Viene festeggiato il 3 di maggio. Nella stessa data, a Monte Marenzo veniva festeggiata la ricorrenza del "ritrovamento della croce". Oggi la chiesa si vede nella sua forma ottocentesca, probabilmente del 1836, data che si legge sulla campanella della torre, anche se venne probabilmente ingrandita nei restauri del 1858-1860. Neoclassica è infatti la facciata molto semplice, come pure l'interno formato da una tazza circolare sorretta da pilastri; ottocentesco è anche il dipinto del presbiterio dove il pittore Scuri ha rappresentato la Vergine in trono con vari santi, tra cui l'effigie di un Papa, che supponiamo sia sant'Alessandro.
La chiesa però mostra anche i segni di precedenti lavori, per esempio nel vano laterale o sacristia secentesca, in resti di portali e finestre nel presbiterio, e nel portale d'ingresso in arenaria, che certamente appartiene ai primi decenni del Seicento, anche se modificato in seguito. Sappiamo che nel 1640 la chiesetta era stata restaurata, utilizzando i beni che erano stati lasciati dai fratelli Antonio, Giovanni Battista e Gerolamo Cattaneo di Turni, che erano figli di Andrea e che nel 1630, in occasione della grande peste, avevano fatto voto di sistemare l'edificio a memoria del loro nonno Alessandro; fu forse anche innalzato un campanile e lavori di intonacatura erano stati fatti poco prima del 1742. La chiesa infatti, prima del 1630, era in cattive condizioni e perciò non vi si poteva celebrare. Nel 1566 S. Carlo la trovò aperta e senza messe; ancora nel 1610 il piccolo ambiente all'incirca quadrato di 14 cubiti per lato (metri 6 circa) non aveva campanile, le porte restavano spalancate, e serviva ai contadini per riporvi le messi, anche se la cappella maggiore era stata da poco reintonacata. La descrizione d'allora ne conferma l'antichità sia per l'irregolarità del fabbricato, che per le vecchie figure di santi che apparivano qua e là, e per il disastrato tetto di legno con piode; era pure circondata da un vecchio cimitero con varie piante di gelsi. Fra le figure di santi, che sono affrescate dietro l'altare, si osservano quelle rispondenti ai nomi di battesimo dei Cattaneo sopra ricordati.

IL SACELLO DI SANTA MARGHERITA

Cenni sulla fondazione circa le origini degli insediamenti ecclesiastici nel territorio di Monte Marenzo non vi sono elementi di certezza e anche il Liber Notitiae Sanctorum Mediolani non fornisce elementi utili per inquadrare l'attività edificatoria di Santa Margherita. (1) È tuttavia accreditata la tesi che individua nella titolazione del sacello un importante indizio per collocarne la fondazione sul finire del XIII secolo. Tale datazione concorda con le tecniche edificatorie adottate e con le semplici caratteristiche architettoniche del manufatto che sono determinate dalla composizione di una navatella orientata ad est e di una absidiola a pianta semicircolare. Si tratta di una tesi peraltro conciliabile con gli studi ad oggi compiuti sul vasto ciclo pittorico presente all'interno che ne datano l'esecuzione in un periodo compreso tra il XIV e XV secolo. Due paiono le ragioni possibili e suffragate cui legare l'eccentrica collocazione dell'edificio sacro rispetto al centro abitato. L'una è la presenza di un elemento militare, come testimoniano stampe relative al territorio bergamasco e alle sue roccaforti, in cui al toponimo S. Margherita è affiancato il simbolo di una torre.(2) L'altra è la dedicazione dei rilievi collinari di Monte Marenzo a S. Margherita quale permanenza di culti radicati nelle pratiche di vita locali. Ne dà testimonianza un disegno a penna del secolo XVI in cui è raffigurato il Vicariato di Caprino (3) con precisa indicazione della dedicazione dei monti a S.ta Margaritta. Tuttavia nel documento non è data indicazione alcuna circa la presenza di manufatti. Complessivamente sono identificabili cinque fasi architettoniche distinte: la fondazione e i successivi restauri del 1742, del 1879, del 1939 e del 1983. (4) Il 1787 segna la vicenda della chiesa con il passaggio, unitamente alla Parrocchia di S. Paolo, dalla diocesi di Milano alla diocesi di Bergamo. Il lento processo di trasformazione della chiesa nei secoli La consistenza attuale di Santa Margherita è esito di un lungo processo di trasformazione in cui le fasi di intervento si sono avvicendate con periodi di abbandono. La documentazione acquisita ha dimostrato la persistenza di un uso occasionale del manufatto in coincidenza alla celebrazione di funzioni religiose per la festività della Santa. I primi interventi documentati successivi alla fondazione risalgono al 1740, quando vengono commissionate opere di sistemazione del manufatto da parte della famiglia Mangili di Portola, frazione del comune di Monte Marenzo. Ne è una riprova la nota della visita vicariale del 1742. "L'altro oratorio, intitolato a S. Margherita Vergine e Martire, il quale è di certo più antico [di quello di S. Alessandro Papa e Martire istituito nel 1630] osservando la struttura e le immagini affrescate. Non so per quale motivo fu edificato in questo luogo montuoso e silvestre. Due anni fa, a causa della devozione e della pietas di Giovanni Battista e Antonio Mangili di Portola, cominciò ad essere restaurato e a disporre di suppellettili per la celebrazione della Messa, le quali sono custodite nell'armadio dei suddetti signori." (5) Segue un periodo di progressiva decadenza. Nel 1858 il Vicario Gianfranco D. Girolamo Cattaneo (6) nella propria relazione della visita pastorale annovera tra i beni parrocchiali l'oratorio di S. Margherita sottolineando unicamente come sia "posto in un luogo deserto e quasi abbandonato." All'epoca lo stato di conservazione del manufatto è compromesso. Ne è una conferma il testo della relazione compilata nel 1861 dal Parroco Don Pio Agnati: "oltre a questo oratorio [S. Alessandro], esiste posta sopra un colle a fianco del paese, una piccola chiesa dedicata a S. Margherita, in cattivo stato di conservazione e con affreschi antichissimi, e dove non si celebra che una messa all'anno il giorno della Santa." (7) Questa condizione perdura sino al 1879, data in cui vengono compiuti interventi di restauro non documentati. Verosimilmente sono da imputare a questa terza fase la chiusura di una monofora nell'abside e l'apertura di due finestre in facciata. Nel Novecento i documenti riferiscono di nuovo peggioramento delle condizioni di conservazione anche se non vi è traccia di un'interruzione delle celebrazioni annuali. (8) Nel 1939, così come è dichiarato sulla facciata del monumento, viene compiuto un nuovo intervento cui è imputabile il rifacimento del tetto. L'ultimo e quinto ciclo di interventi radicali sul manufatto ha inizio nel 1983. Si tratta di un intervento controverso e a cui corrispondono cospicue modificazioni dell'esistente (9) quali: il rifacimento del tetto, l'eliminazione dell'intonaco esterno, il rifacimento della pavimentazione interna ed esterna e interventi minori sugli elementi lignei delle aperture e delle luci.

Note

(1) Si vedano in proposito le pubblicazioni di Oleg Zastrow, dedicate all'architettura e alla pittura gotica del territorio lecchese. (2) Tesi avallata dagli esiti delle recenti attività di scavo coordinate del Prof. Brogiolo. (3) Archivio Storico Diocesano di Milano, Pieve di Brivio (1569-1670), Volume VII, Q 1° [1566-1567], sec. (XVIXVII), "Note sui legati e carteggio vario riguardante la parrocchia di Caprino". (4) Queste brevi note costituiscono il compendio di un più ampio lavoro di ricerca che ha accompagnato l'elaborazione di un progetto di conservazione per il sacello di S. Margherita nell'anno 1993. La lettura ha privilegiato quindi gli aspetti e gli interventi che hanno concorso alla determinazione della consistenza fisica attuale del monumento. (5) Archivio Storico Diocesano di Milano, Pieve di Brivio (1569-1670), Volume VII, Q 3°, 1742, "Visita Vicariale corredata da note statistiche ed amministrative, elenchi allegati dei beni immobili inventariati, delle suppellettili, stati del clero e numero delle anime." (6) Archivio Storico Curia di Bergamo, "Relazione della visita praticata alla Parrocchia di S. Paolo, anime n. 500, Vicaria di Caprino dal M.R. Vicario Gianfranco D. Girolamo Cattaneo", 26 febbraio 1858. Nello stesso documento viene segnalata la presenza di un altare antico. (7) Archivio Curia di Bergamo, "Relazione della Parrocchia di S. Paolo, compilata dal Parroco Don pio Agnati l'anno 1861, per servire di risposta ai quesiti stati spediti dalla Curia Vescovile di Bergamo in occasione della prossima Visita Pastorale", anno 1861. (8) "Quello [oratorio] di S. Margherita Regina è molto diroccato, e vi si celebra la messa una volta solo in tutto l'anno il dì della Santa. È distante dalla Parrocchia due ore e si trova in cima a una montagna, isolata; quindi quando si dice la S. Messa tutto si porta, perché sprovvista del tutto di ogni arredo". Archivio Curia di Bergamo, "Parrocchia di Monte Marenzo. Risposta al questionario per la visita pastorale", 30 marzo 1906. (9) Una lettura critica dell'intero processo porta a segnalare con rammarico il tardivo intervento degli organi deputati alla tutela dei monumenti nel corso degli anni Ottanta.